• Rimini

    A Bologna il 18 maggio l'Università ha consegnato il sigillo dell'Alma Mater a Hilarion Alfeev (metropolita di Volokolamsk e presidente del dipartimento delle relazioni esterne del Patriarcato di Mosca), che ha tenuto una lezione sulle "radici cristiane comuni della cultura europea". Il tema è caro anche a qualche politico democratico nostrano che lo usa in maniera strumentale.

    Il priore Enzo Bianchi allarga il discorso alle radici ebraico-cristiane di cui ci dovremmo ricordare a proposito dell'accoglienza degli stranieri. Il cardinal Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, ha tenuto una lezione al Festival biblico di Vicenza sul rapporto tra i valori della Bibbia e la società odierna, incentrata sul "dovere dell'accoglienza". Gli uomini di Chiesa sono più "dialettici" e lungimiranti dei nostri politici, leggono il presente evangelicamente, scartando l'angoscia di chi usa etichette inconsistenti per rimediare consenso.

    Da spirito laico lo storico Jacques Le Goff sostiene: "Il Cristianesimo ha avuto una grande importanza nella formazione dell'Europa. Ma l'Europa è anteriore al Cristianesimo: per questo è necessario negare nettamente che le radici dell'Europa siano cristiane". Le Goff ribadisce poi il punto basilare del Cristianesimo autentico, riconoscere l'indipendenza dei laici e l'autonomia di Cesare. Non sempre le Chiese hanno rispettato questo dettato evangelico, per privilegiare la norma esterna (di derivazione politica) rispetto alla testimonianza personale dovuta dai cristiani, sia come singoli sia come  comunità.

    Rimini


    Una recente drammatica vicenda pubblica ha spostato i titoli di cronaca dall'accusa di "chiacchiericcio" (avanzata dal cardinal decano Sodano, 4.4.2010) come strumento di invenzione di scandali, alla sostanza degli stessi scandali, poi ammessi come tali (cardinal Bagnasco, 28.5.2010). È stata scelta l'unica strada percorribile, quella che il Vangelo suggerisce: bisogna che gli scandali vengano alla luce (Mt 18, 7: "Ma guai all'uomo per colpa del quale lo scandalo avviene"). E basta. Perché il discorrere vano appartiene al demonio ("Il vostro parlare sia sì, sì; no, no: il resto viene dal maligno", Mt 5,37).

    Il cristiano come testimone di una verità non da imporre agli altri, ma da realizzare in proprio nella vita sociale, è un chiaro tema politico, se intendiamo per politica la vita comune di tutti i cittadini, e non soltanto la delega agli apparati di partito ed ai pubblici amministratori. Non contano nulla i discorsi sui presunti primati di una civiltà, e sulle radici di un continente. Sono passatempi di lusso per i teologi che sempre hanno trovato giustificazioni per tutto, anche per le condanne al rogo.

    Il Vangelo ci spinge alla fratellanza, ed in questo è molto più rivoluzionario di qualsiasi altra dottrina antica o moderna. Il Vangelo è più illuministico di tanti pensatori illuministi. Sono nato felicemente eretico: meglio venir al mondo così, che diventare dogmatici ed autoritari per via didattica o burocratica.

    Rimini


    Ora che "Roma locuta est" per gli scandali sinora oscurati o taciuti, abbandonando la via incerta dell'accusa del "chiacchiericcio" con cui si celava il "santo vero"; sarebbe auspicabile che altrettanta chiarezza d'intenti animasse le persone di buon senso. Le quali dovrebbero di conseguenza rabbrividire quando i signori leghisti cercano di accreditarsi quali difensori della vera religione, per ricever una benedizione politica in cui le pie anime dovrebbero cautamente intravedere l'ombra dello zampino diabolico.

    Una postilla non extra vagante. Alle presunte vittime del "chiacchiericcio" è stato promesso l'inferno peggiore (come i vagoni ferroviari di terza classe di mezzo secolo fa), quello che una volta era minacciato agli scribacchini ed ai teologi esoterici che oggi invece salgono benedetti in cattedra, qua o là, ma lo si sa. Saremo costretti a frequentare cattive compagnie anche nell'aldilà?

    Antonio Montanari

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  • Ammiraglio, impari a nuotare
    (nel latino delle scritte)



    Prendo spunto dalla lettera di quell'ammirabile ammiraglio esperto in battaglie navali giornalistiche, che ha scritto al periodico riminese "il Ponte" (a cui collaboro dal 1982), per deridermi e suggerirmi di leggere qualche libro di Storia.
    In questi casi, si possono invocare due tipi di perizia.

    Il primo è quello tecnico, mirante all'accertamento delle caratteristiche della persona offesa (il sottoscritto). Nel mio caso, posso documentare una tesi di laurea in Storia della Filosofia di seicento pagine (1966), e tutta una serie di pubblicazioni di Storia che l'ammirabile e stupefacente ammiraglio non conosce, e che sono uscite negli anni, con un contenuto essenzialmente originale.
    Aggiungo: per laurearmi ho frequentato i corsi di Storia moderna e medievale della grande maestra Gina Fasoli (assistente era l'ora famoso Paolo Prodi), sostenendo i relativi esami. Non c'era il 18 politico, anzi c'era un presame scritto di selezione rima dell'orale…

    Il concetto di originalità dei miei lavori, va inteso in questo senso: che ognuno dei testi firmati dal sottoscritto ed usciti a stampa, presenta questioni e documenti mai esaminati prima.
    Se l'ammirevole ammiraglio non si fosse fidato delle persone che frequenta e che lo hanno preso in giro, fornendo notizie false e calunniose sul sottoscritto (seconda un'usanza attestata da atti giudiziari e documentabile attraverso pure fonti a stampa), non avrebbe fatto la ridicola figura che ha fatto, consigliandomi la lettura di qualche libro di Storia.
    E tutto è accaduto soltanto per aver io deriso il principino ballerino savoiardo, testimone del cretinismo imperante in questi tempi un po' ovunque, dalla politica alla televisione ed alle private istituzioni economico-culturali.

    A questo punto, il secondo tipo di perizia riguarda il soggetto che, sentenziando a vanvera, offende l'altrui onorabilità professionale, poiché la disputa coinvolge non un qualsiasi mentecatto della bocciofila di quartiere o del circolo navale di un qualsiasi porto adriatico, anche il più malandato.
    Questo secondo tipo di perizia potrebbe considerare non soltanto il soggetto che offende, ma pure il contesto in cui esso agisce, facendosene condizionare a tal punto per cui potrebbe dal medesimo soggetto essere invocato come attenuante l'essersi sottomesso ad un parere altrui, diffamatorio nei confronti del sottoscritto.
    In tanti dicono male di Montanari, possono aver pensato i sobillatori di professione, che anche lei mirando ammiraglio può accodarsi agli stessi sobillatori e dire peste e corna del medesimo Montanari.

    È vero che non esiste più il reato di plagio, ma non è una attenuante il peccato di disinformazione generato da un contesto in cui (per ricevere congratulazioni) è necessario gettare fango sopra una persona non scelta a caso ma con scopo preciso, appunto quella di screditarla mediante una (presunta) autorevolezza che si presuppone garantita da una pubblica carriera.

    Ma l'ammiraglio che si crede capace di navigare anche nel mare della Storia, è finito poi (come accaduto a lui) sugli scogli della non conoscenza (altrimenti detta ignoranza) della differenza tra Resistenza e Risorgimento (come da pubblico atto a stampa).

    In tal modo ha fatto una figura barbina di cui non cale giustamente nulla a lui perché l'ambiente che lo apprezza e lo utilizza è al suo grado di non conoscenza (altrimenti detta ignoranza) delle cose. Un ambiente in cui si cerca di diffamare chi lavora in modo onesto, serio ed originale, perché pure in quell'ambiente vale l'aurea massima che governa certe loschi pubblici affari: "Stai attento a quello, che è una persona onesta e ci può mettere nei guai".

    La non conoscenza (altrimenti detta ignoranza) della Storia che dovrei, a detta del predetto ammirabile ammiraglio, studiare io, non attenua la responsabilità morale dell'arroganza di chi si alza a giudicare materia che risponde a verità dei fatti (le colpe di casa Savoia).

    Una perizia medico-legale in questo caso potrebbe accertare un atteggiamento dettato da suggestioni non culturali, ma collegabili al contesto in cui l'ammirevole ammiraglio opera. In quel contesto si richiede ogni tanto un gesto di coraggio e di notorietà, molto simile a quello del salto del cerchio infuocato per i gerarchi fascisti.
    Siamo sempre a quell'Italia lì, fatta di retorica, falsità, idiozie, che poi gli "altri" pagano dolorosamente e senza averne colpa.

    Sappia l'ammirabile ammiraglio che dalla fondazione di cui è stato chiamato a far parte, il sottoscritto non ha mai ricevuto un centesimo né di lira né di euro. Che nella stessa fondazione sono stati allevati personaggi che poi, grazie alla protezione di cui godevano e dei soldi che essa pagava a certi giornali, sono riusciti a fare pubblicare cose false e diffamatorie contro il sottoscritto.

    C'è un cronista che io chiamo "il repubblichino" il quale ha scritto una volta che era stato pubblicato "un libello" contro certe pagine storiche del sottoscritto.
    Il "libello" si è poi rivelato soltanto una mail, quando "il repubblichino" ha dovuto spiegarmi le cose.
    Lo stesso cronista poi attribuì la mail a persona diversa dall'autore vero (ma taciuto). La persona era ben legata all'ambiente da cui la mail proveniva. L'autore vero, io l'ho fregiato da allora con il titolo accademico di "più famoso autore di lettere anonime" di tutta la provincia, come pochi giorni fa ho specificato "de visu" ad alte autorità politiche attive oggi. Facendone nome e cognome.

    Ammiraglio, impari a nuotare nel mondo della cultura: non si fidi delle scialuppe che le offrono gli amici per fare a battaglia navale con qualcuno che non è gradito a chi tiene i cordoni della borsa e che può pertanto permettersi il lusso di mantenere anche un servizio di controspionaggio (di cui ho le prove documentali, con tanto di lettere inviatemi dagli interessati, ovvero quelli che fanno spiare).
    Si occupi di cose più serie, come fare le barchette di carta per i bambini degli asili. È un passatempo che può risultare utile all'umanità intera.

    Post scriptum. Ella, dottissimo in storia, e esperto navigatore come da titolo professionale, non si è accorto che la vecchia sede dell'Istituto nautico ora passata all'università ha l'orribile scritta "Navigare necesse"? In latino si dice "navicare". Queste sono le giuste battaglie (navali) da fare per la cultura. Ma forse pretendo troppo.

    © by Antonio Montanari 2010. Mail.

    © RIPRODUZIONE RISERVATA[/COPYRIGHT]


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  • Era un ardito simbolo di Rimini

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    Sul ponte di Tiberio tempo fa c'era un simpatico pavone. Si esibiva con grazia in una scena felliniana. Ad un forestiere che mi chiedeva il perché fosse presente proprio alla porta antica della città, risposi che era un ardito simbolo di Rimini, che ama appunto pavoneggiarsi soprattutto quando non ne ha il più pallido motivo.

    A riprova della mia opinione, posso portare esempi ricavati da un itinerario che (partendo proprio dal ponte di Tiberio) risale sino alla rocca malatestiana. Sulla vecchia circonvallazione incontriamo l'edificio della Mutua, come la chiamano i riminesi (il nome burocratico è Dipartimento cure primarie), che dovrebbe essere abbattuto per far posto al mercato. Il quale mercato dovrebbe essere trasferito dalla porzione di piazza Malatesta destinata ad essere trasformata nel fossato della rocca, in origine profondo otto metri.
    Ma chi deve pagare il fossato, già da tempo dichiara che esso non è una priorità. Mentre chi vuol vendere il palazzo della Mutua ha spiegato ai cittadini (2007) che esso è frequentato da pochissime persone. Ovviamente la competente autorità amministrativa non era ben informata. Perché la cifra di 50 prelievi al giorno dichiarata allora alla stampa, non corrisponde alla verità dei fatti che sono sotto gli occhi di tutti: chi entra in quell'edificio (prima del 2007 sottoposto a lunghi e costosi lavori di manutenzione), non lo fa per errore.

    Guidati dal dolce ricordo del pavone del ponte di Tiberio, volgiamo le spalle alla rocca ed al suo futuro fossato olimpico di otto metri (che immaginiamo con annessa scuola navale per vogatori), e diamo un'occhiata al cosiddetto teatro Galli. Il nostro pensiero si rabbuia. Tanti soldi sono stati spesi nella telenovela dei progetti, non si sa da dove verranno quelli necessari per ricostruirlo (con le macerie del Novelli?), e soprattutto nessuno ha la più pallida idea né in città né in regione di quanto verrà a costare la gestione di un vero e proprio teatro che funzioni non soltanto come sede del consiglio comunale (a Rimini siamo capaci di tutto).

    Il mio pessimismo parte dall'amara constatazione che nulla è successo negli ultimi anni per il tanto celebrato palazzo Lettimi, lasciato al Comune da quella famiglia per la scuola di musica, e dal Comune trasferito all'Università per la sua sede di rappresentanza. Rudere era, resta, e per tanto tempo ancora resterà. Lo stesso dicasi per la biblioteca di San Francesco, al Mercato coperto. [996]

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  • Cultura e società

    Va bene, non potremo sapere più nulla dai giornali sui vizi pubblici che guastano la società, perché sono vietate le notizie da intercettazione telefonica.

    Ma potrà un privato cittadino chiedere agli organi dello Stato perché di notte (qualche tempo fa) è stata manomessa la sua linea telefonica in una centralina posta per strada?

    A me è successo di aver il telefono muto, perché qualcuno aveva appunto spatacato sulla mia linea nella centralina che è sulla pubblica via. Non ci sono più i nottambuli di una volta.

     

    Lettera pubblicata oggi 22 maggio dal "Corriere Romagna".

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