• Allegri, si avvicinano le elezioni. Il 17 gennaio i titoli dei quotidiani ci confortano: il redditometro sarà più leggero. La nostra felicità nasce dal fatto che non abbiamo ancora capito che cosa sia il redditometro. L'annuncio che esso avrà un volto più simpatico di quello inizialmente presentato dai giornali, è solida garanzia per avere fiducia nel futuro, dato che il presente non è troppo rassicurante.
    Lo stesso 17 gennaio si leggono infatti altre due notizie: 1) blitz della Finanza nelle sedi della Lega a Milano; 2) arresto dell'ex sindaco di Parma (Pdl) dimessosi nella primavera del 2011, e di un consigliere regionale del suo stesso partito, mentre il comandante della Guardia di Finanza di Parma, Guido Maria Geremia, dichiara: "Abbiamo visto il tentativo a livello nazionale e locale per ostacolare le indagini".
    Il 18 gennaio da La Stampa è smentito Bersani: la pressione fiscale non è aumentata di 4 punti con Berlusconi. Il 19 gennaio sgraniamo gli occhi soltanto per un attimo davanti alle cronache relative alla vicenda giudiziaria parmense. A casa di uno degli arrestati, i finanzieri hanno trovato copie di estratti conto bancari del procuratore capo Gerardo Laguardia, il quale ha commentato: "Non mi sono meravigliato più di tanto. Da tempo siamo sotto attacco" da parte di alcuni giornali. Dunque non è colpa del redditometro.
    Lo stesso giorno si parla dell'inchiesta promossa dal Ministero della salute sui parti cesarei ingiustificati, che sarebbero il 43% del totale, secondo un rapporto dei carabinieri dei Nas. Dalla mancanza di documentazione di quasi una cartella su due, nasce l'ipotesi di falso in atto pubblico per truffa ai danni dello Stato. Altre due notizie del 19 non rendono più fiduciosi in chi gestisce le cose d'Italia. La prima reca le motivazioni della sentenza di condanna per la Commissione grandi rischi: sapeva molto ma non disse nulla prima del terremoto dell'Aquila. Se avesse fornito le informazioni necessarie, avrebbe ridotto il numero delle vittime. Davanti a queste vittime, dice la seconda notizia, la signora prefetto dell'Aquila pianse allora su consiglio del proprio padre (che definisce "uomo di mondo"). Ma poi la signora rise raccontando le sue lacrime, come risulta alla Procura di Napoli da un verbale di intercettazione in cui lei stessa si confida con un altro prefetto, Franco Gratteri, che due anni dopo lascia gli Interni per la condanna sui fatti (2001) alla scuola Diaz di Genova. [Anno XXXII, n. 1112]

    Antonio Montanari
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    "il Ponte", settimanale, n. 04, 27.01.2013, Rimini


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  • Luigi Einaudi scrisse che le imposte dei cittadini forniscono alla collettività i beni comuni della sicurezza sociale e dell'istruzione. Ce ne dimentichiamo spesso. Peggio dell'evasione fiscale, è la malavita organizzata. Un recente saggio di Giovanni Tizian (Micromega 8/2012) si riassume con il sottotitolo: "Arrivano in terre insospettabili e iniziano a fare affari. Comprano esercizi commerciali e imprese, partecipano alle gare d'appalto. Si infiltrano". Un capitolo ci riguarda: "Emilia felix, tra incendi e collusioni".
    Le cronache politiche negli ultimi mesi non hanno parlato molto di questo secondo argomento, e non hanno esaminato la questione delle spese militari nel nostro Paese. Giulio Tremonti ha accusato l'attuale governo di comperare dalla Germania due sommergibili al costo totale di due miliardi di euro. Francesco Grignetti (La Stampa, 11.1) lo ha corretto: fu il governo Berlusconi nel 1994 e nel 1996 ad ordinare i sommergibili. Quando Tremonti era ministro dell'Economia, nel 2009 avvenne il taglio della prima lamiera.
    La scorsa estate il Washington Post definiva l'Italia la malata d'Europa per colpa di guasti storici come l'evasione fiscale record, la mancanza di spirito civico, il nepotismo che esclude la meritocrazia. Gli stessi Stati Uniti, che attribuivano al Vecchio Continente le colpe della loro crisi, adesso si stanno accorgendo di avere sulla coscienza qualche peccato. Francesco Guerrera, giornalista economico negli Usa, annota: economisti delle grandi università e banchieri di Wall Street sanno che non torneranno più i grandi spendaccioni del pre-crisi, ma "lo sussurrano senza ammetterlo pubblicamente" (La Stampa, 17.12). Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, al CorSera (11.1) dichiara che è in atto "un contagio positivo". Altre voci denunciano la situazione drammatica della disoccupazione. Barbara Spinelli (la Repubblica, 27.12) ha sottolineato come la questione sociale in Occidente sia oggi l'immagine di una concezione tragica della Storia, non il frutto di singole posizioni partitiche.
    A Cannes (4.11.2011) il presidente Berlusconi aveva garantito: siamo un Paese benestante. "È sempre colpa degli altri" scrive oggi Luigi La Spina (La Stampa, 12.1). I giochi finanziari però ci hanno "despreadati". In Europa tiriamo la cinghia, mentre in Usa spiegano che è la politica sbagliata, osserva Federico Rampini (la Repubblica, 11.1), anche se nessuno accetta di prenderne atto. [Anno XXXII, n. 1111]

    Antonio Montanari
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    "il Ponte", settimanale, n. 03, 20.01.2013, Rimini


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  • Offre almanacchi e lunari nuovi. Il viandante gli fa alcune domande, gli chiede se crede che questo 2013 possa esser felice, ricevendo una risposta positiva e piena di entusiasmo. Però, sottoposto a pressante interrogatorio dal viandante, il venditore di almanacchi non ricorda di aver vissuto anni felici da quando, e sono due decenni, gira le strade del mondo ad offrire la sua merce.
    Il viandante lo guarda fisso negli occhi. Quel volto come un baleno illumina la sua memoria, e gli dice di averlo già incontrato tanto tempo fa. Però non gli tornano i conti. "Sostenete di vendere almanacchi da vent'anni, ma io vi ho già visto mezzo secolo fa, e adesso pensandoci bene mi ricordo pure dove, sui banchi di scuola, nel senso che eravate descritto in una qualche pagina di un qualche libro, letto durante qualche lezione".
    Il venditore scuote la testa, nega, nega, nega, giura che lui non è quell'altro, che quell'altro era un suo antenato descritto nel 1832 da un certo poeta gobbo e malinconico che era nato un po' più in giù, se ricordava bene, a Recanati. Ed allora il viandante gli chiede che cosa ci sia di nuovo per questo 2013 rispetto al 1832 ed a tutti gli anni che si sono succeduti sinora. Il venditore non resta senza parole, l'esperienza di famiglia lunga tanto tempo non è acqua fresca.
    E comincia elencando le tante cose che ha letto ed ascoltato sui giornali negli ultimi 15 giorni, per cui risulta vagamente noioso, ma il guizzo finale del suo parlare da venditore di almanacchi lo riscatta e lo nobilita come arguto osservatore delle cose del mondo. È come la chiusura di uno spettacolo di fuochi d'artificio, con quella gran luce che fa piovere gocce di felicità nell'animo degli spettatori.
    Suggerisce di considerarlo un venditore aggiornato. Infatti oltre ad almanacchi e lunari quest'anno offre pure un'agenda, genere inconsueto per i suoi affari, tiene a precisare. Ma ha dovuto seguire il mercato, dal giorno in cui alla tv ha sentito parlare dell'agenda Monti da parte di un distinto signore, tanto cortese da non alzare mai la voce, e tanto intelligente da fare discorsi davanti ai quali il nostro venditore d'almanacchi è rimasto ammirato, pur avendo compreso soltanto in piccola parte le cose che ascoltava. Ed adesso dice onestamente che non è colpa del signore che illustrava l'agenda Monti, ma di lui che si era ridotto a vendere calendarietti con tante belle ragazze svestite, e gradite a tal Silvio (rimembri ancor?). [Anno XXXII, n. 1110]

    Antonio Montanari
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    "il Ponte", settimanale, n. 02, 13.01.2013, Rimini


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  • Per le testate giornalistiche d'ogni parte le previsioni sono grigie. Le più celebri fanno già i conti con tanti fattori negativi che ne condizionano la sopravvivenza. Newsweek, settimanale americano diffuso in tutto il mondo, ha appena abbandonato la tipografia e salutata l'edizione di carta, sbarcando su internet. Non ci possiamo illudere che certe sorti tocchino soltanto le celebrità. Noi delle piccole testate, noi dell'informazione locale dobbiamo essere fermamente convinti sino al punto di apparire testardi, che il foglio di carta non va buttato tra le cose del passato, ma deve conservare la sua dignità in nome di una sola piccola regola: il pluralismo immediato e reale delle voci è la garanzia democratica per uno Stato in cui non ci siano soltanto le Voci del Padrone.
    Ad inizio di un nuovo anno giornalistico, concedetemi di esprimere un augurio di buona lettura ad un numero sempre più consistente di lettori, la cui coscienza non può considerarsi a posto soltanto se scorrono due notizie al bar sorseggiando qualcosa. Cercansi lettori veri, che ci facciano le pulci non per gusto di polemica antidemocratica: lei non la pensa come me, quindi è un cretino. Ma per il bisogno di andare sino in fondo ai discorsi, raccontandoci il mondo che li circonda, e nel quale tutti siamo più o meno consapevolmente immersi.
    Scarabocchiando sulla carta anche locale da 53 anni, ho una certa esperienza sul difficile rapporto tra cronisti e potere. C'è chi non vuole, in nome della virtù e della democrazia, che si raccontino le storie passate o le magagne presenti. Ma chi tace se deve parlare o si chiude le orecchie se deve ascoltare, non rende un buon servizio alla vita pubblica.
    Mi succede sovente di definirmi un inutile cronista. La lettura di una pagina del card. Martini appena ripubblicata sulla parabola del servo inutile, mi ha confermato nel voler usare ancora quell'etichetta: "In poche parole: siamo servi inutili, inadeguati e perciò liberi e sciolti nel presente, umili e grati per il passato, capaci di gratuità per il futuro". E poi ancora: "Liberi dal peso insopportabile di dover rispondere a ogni costo a tutte le attese, di dover essere sempre perfettamente all'altezza di tutte le sfide storiche di ogni tempo. Questa libertà e scioltezza ci rende umili e modesti, disponibili a fare quanto sta in noi, a riconoscere quanto ci sta ancora davanti, ad ascoltare e a collaborare con semplicità e senza pretese". [Anno XXXII, n. 1109]

    Antonio Montanari
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    "il Ponte", settimanale, n. 01, 06.01.2013, Rimini


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  • Quando nell'ultimo anno il Paese ha dovuto affrontare situazioni difficili con provvedimenti severi, ci hanno spiegato che si rendevano necessari perché ce li chiedeva l'Europa. Ma nell'ottobre 2011 era stata la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia a lanciare l'allarme sul "tempo scaduto", aggiungendo: "Siamo sull'orlo del baratro". Poi è nato il governo Monti. Il presidente Napolitano dichiarava: i sacrifici stavano "arrivando giusto in tempo per evitare sviluppi in senso catastrofico della nostra situazione".
    Ora siamo in attesa dell'appuntamento elettorale. Restiamo fiduciosi, ma dovremmo pure essere consapevoli che l'incertezza regna sovrana. Oggi attribuiamo all'Europa non i sacrifici di cui l'anno scorso parlava Napolitano per evitare la miseria nera nel Paese. Ma addirittura la scelta di quello che dovrebbe o potrebbe essere il vincitore delle prossime elezioni, ovvero il presidente Mario Monti che piace a Francia e Germania e sopratutto, come scrivono i giornali, è desiderato con grande passione dai moderati.
    Su questa parola esistono molti equivoci che non dipendono da cattiva volontà di chi la usa, ma dal fatto oggettivo che un'etichetta dice più di una cosa quando la si usa per accorciare i discorsi, o riassumerli interessatamente, dimenticando quali collegamenti oscuri possa avere, o addirittura quanto essa possa negare l'evidenza dei fatti e la verità sulle persone. Ad esempio, come scrive Massimo Mucchetti sul CorSera (16.12), tra di loro in Europa figura pure un personaggio ungherese dai tratti fascisti. Se lo schema di distinzione usato da Muchetti per l'Europa lo applicassimo pure all'Italia, potremmo avere conferma della grande confusione che c'è sotto il nostro cielo. Chi come giornalista ha lavorato al soldo dei Servizi segreti, ha tutti i diritti tranne quello di dirsi moderato. Non è questione di punti di vista, ma di coerenza morale, senza la quale si va poco lontano. Ed infatti, oggi, noi in Italia siamo fermi alle dispute sui puri nomi, come i filosofi medievali, senza badare ai fatti. Per questo l'Europa ci chiede ogni tanto qualcosa, come ad esempio di fare l'uovo di Natale, così risparmiamo quello di Pasqua. Non sappiamo però quale sorpresa esso contenga: un fantasma od una persona vera? Siamo tutti a bocca aperta in attesa di aprire quell'uovo, dimenticando Storia, Costituzione e Politica, non nel senso perverso dei rimborsi di spese ridicole o moralmente oscene. [Anno XXXI, n. 1108]

    Antonio Montanari
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    "il Ponte", settimanale, n. 46, 23.12.2012, Rimini


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