• A Palermo è andata in scena una rappresentazione con un'attrice americana. Dialogava con un robot di sesso femminile, talmente bello e ben congegnato nelle espressioni emotive e nel linguaggio, che nessuno degli spettatori s'è accorto di trovarsi davanti ad un frutto della più sofisticata tecnologia. La politica italiana degli ultimi anni è molto simile, se non identica del tutto, a quel robot, progettato da uno scienziato giapponese. È una politica finta, se sui principali quotidiani nazionali soltanto sabato 3 novembre appare in prima pagina una notizia scandalosa tenuta molto a lungo in frigo: la riduzione degli aiuti ai disabili, compresi quelli gravi come i malati di Sla, tra cui 60 sono in sciopero della fame. Esemplare il commento di Massimo Gramellini (La Stampa): "Forse le regole del gioco sono cambiate senza che ci avvertissero".
    Aggiungiamo soltanto: il fatto non è nuovo, se si è passati da uno stanziamento di 929,3 milioni per il 2008 ai 44,8 previsti per il 2013. Il giorno prima le cronache avevano illustrato una situazione simbolica e spaventosa: costa 600 milioni il fantasma del Ponte di Messina che mai si farà. Il Governo di Roma ha dovuto rinviare di due anni i termini per l'approvazione di un progetto che (ripeto) non verrà realizzato, al fine di non pagare la super penale prevista. E deve così mantenere al lavoro una cinquantina di persone per lo stesso periodo.
    Nella medesima categoria della politica finta facciamo rientrare una cronaca bolognese: un ex consigliere regionale dell'Italia dei Valori, accusato di peculato, ha ammesso di aver ideato una trentina di convegni fantasma per nascondere cene affollate di amici, e pagate con i soldi pubblici. Il segretario nazionale dell'IdV Antonio Di Pietro è stato oggetto di cronache tv, che lui accusa di killeraggio politico, circa le sue proprietà immobiliari.
    Niente di nuovo, per fortuna. Nel 1997 Giuliano Ferrara scrive una gustosa prefazione al libretto intitolato "Di Pietro e i suoi cari", definendoli "un'allegra combriccola, una comitiva un po' così". Nel 2008, durante l'avventura politica del figlio Cristiano, Tonino dichiara: pur non avendo commesso nulla di penalmente perseguibile, ha "tenuto un comportamento sbagliato e inopportuno". Il mito politico di Di Pietro comincia allora ad apparire (s)finito. Ma si sa come vanno le cose in Italia. Tutto finge di cambiare ma resta solennemente fermo. Il valzer dei Potenti non finisce a mezzanotte. [Anno XXXI, n. 1102]
    Al "Fuori Tama 1102"

    Antonio Montanari
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    "il Ponte", settimanale, n. 40, 11.11.2012, Rimini

     


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  • Non c'è ottimismo in giro. Il giurista Guido Rossi nel fondo domenicale del "Sole 24 ore" del 28 ottobre, parla di due crisi: quella economica davanti agli occhi di tutti, e quella nascosta che si va accentuando fra i tre poteri della vita democratica, Governo, Parlamento e Magistratura. Rossi fa un'amara previsione: con la conflittualità, quei poteri si vanno dissolvendo. Per le prossime elezioni, egli auspica che i cittadini rifiutino "che qualcuno imponga loro come devono votare e per chi, quasi che la lotta democratica non conti". Secondo Rossi sono evidenti i segni del risveglio, contro un'omologazione qualunquistica, "così come negli altri momenti difficili della vita del Paese".
    Auguri, Italia, sperando che Rossi alla fine abbia ragione. I segni attuali non incoraggiano. Sabato 27 ottobre il presidente del Consiglio Monti ha detto che in passato si son fatte troppe promesse, senza poi mantenerle. Mercoledì 24 pure il presidente della Repubblica non era stato molto ottimista: non basta migliorare la legge elettorale per avere un "governo stabile che è sempre frutto di accordi politici". In passato aveva sollecitato a modificare quella legge. Ora ripropone il modello del governo Monti, scelto da lui e non attraverso le urne. Napolitano ha certificato la crisi della Politica italiana, degenerata nei recenti, nuovi scandali, prodotti da un solo principio egoistico: ci si fa eleggere per far soldi.
    Sullo sfondo delle dichiarazioni di Napolitano del 24, c'è nello stesso giorno l'uscita di scena annunciata da Berlusconi, su ispirazione e testo di Giuliano Ferrara. Berlusconi il 27 si è riaffacciato alla finestra, prendendo spunto da una sua condanna al Tribunale di Milano, per attaccare duramente la Giustizia italiana ed il governo Monti, a cui ha minacciato di togliere la fiducia. Poi ha accusato la Germania di imporre all'Italia l'agenda politica; e, senza citarlo, il presidente Napolitano, affermando che non è più tempo di capi di governo a chiamata.
    Come in tutte le tragedie che si rispettino, al secondo atto deve tener dietro quello finale, per svelare i misteri della rappresentazione. Forse lo spettacolo è mosso soltanto da quella regola che Indro Montanelli descriveva 60 anni fa: l'Italia è il perenne Paese dell'ipocrisia per fini personali. Insomma, la vecchia lezione del "particulare" di Guicciardini. Ma tutto quanto riguarda la vita dello Stato, non sono fatti loro, dei signori politici, ma pure fatti nostri. [Anno XXXI, n. 1101]

    Antonio Montanari
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    "il Ponte", settimanale, n. 39, 04.11.2012, Rimini

     


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  • Il presidente del Consiglio Mario Monti ha detto al forum della Coldiretti a Cernobbio: in Europa come governo non ci siamo umiliati, talora "bisogna picchiare i pugni sul tavolo, ma ci sono persone che sono più dure di quei tavoli". È un perfetto ritratto della politica, l'impietosa immagine di chi pretende di governare il Mondo. Anche i cronisti debbono disobbedir parlando.
    La crisi economica c'è, si vede e si avverte ogni giorno. Aumentano soltanto i prezzi ed i costi nei bilanci famigliari. Per il resto, diminuiscono posti di lavoro e risorse per lo Stato sociale. Ma è una crisi che non nasce oggi, viene da lontano. Diciamo da quasi sette anni. Intanto il governo continua ad acquistare armi (gli aerei F35 ora costano più del doppio, tra l'altro); insiste nel progetto Tav verso la Francia (dove sono cresciuti i dubbi sull'operazione che ha alti costi e non avrà pari redditi per pagare il tutto). Se qualcuno protesta, state sicuri: arrivano botte in testa.
    Da noi pensano al Trasporto rapido costiero, mentre il turismo è in affanno, e pare che i bilanci comunali siano sempre più magri. A parole è facile dimostrarci che questa è un'opinione infondata o sbagliata. Usando lo specchietto retrovisore della cronaca, per non tirare in ballo la Storia (che ha già la sue rogne), salta agli occhi il quadro locale del 2007, quando si prospettava una colata di nuovo cemento su una Rimini già ridotta ad immenso mostro urbanistico. Dove tra case e case non c'è più spazio per circolare, perché il problema viabilità è sempre affrontato "dopo", come dimettendosi meditò l'assessore Tiziano Arlotti: prima fate le case e poi "dopo" mi fate costruire le strade. Quando magari lo spazio per le strade non esiste perché tutto consumato per un'edilizia che era allora la più cara d'Italia (come da costo d'affitti e d'immobili). Allora venne da pensare che non ci si voleva rendere conto che si andava incontro alla rovina della città, ipotizzata da Campos Venuti.
    Hanno continuato a sognare i grattacieli in stile Dubai sul mare proprio quando si stava rivelando la crisi economica mondiale. All'apparir del vero, tutti zitti, come se i grandi progetti se li fossero sognati gli oppositori. Adesso vogliamo andare tutti veloci, mentre la società è ferma, bloccata dalla crisi. Manca il senso della realtà. Per cui la signora 90enne invalida con 500 euro mensili di pensione, per la sua casa paga l'Imu come chi ne incassa 39mila presiedendo Hera. [Anno XXXI, n. 1100]

    Antonio Montanari
    (c) RIPRODUZIONE RISERVATA
    "il Ponte", settimanale, n. 38, 28.10.2012, Rimini


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  • Poveri o liberali?La prof che piange in un corteo per lo sciopero della scuola il 12 ottobre, racconta una storia personale ma riassume una condizione collettiva. Fatta di amarezza per il presente incerto e misero, e di scoramento per il futuro. È il ritratto di un'Italia che, 24 ore prima, aveva letto sui giornali le misure governative che colpiranno le fasce più deboli della popolazione, quelle dei cosiddetti incapienti: con i loro redditi così bassi, essi non avranno alcuna riduzione delle tasse e spenderanno di più con l'aumento dell'Iva.
    Per gli stipendi oltre i 90 mila euro di 26.472 tra manager e giudici, la Corte costituzionale nelle stesse ore bocciava il decreto del 2010 che li aveva tagliati. Il solo Senato così, ad esempio, sborserà altri 2,2 milioni di euro l'anno, a partire da quello passato. Il costo totale della sentenza sarà di circa 23 milioni ogni 12 mesi.
    Altre prof e altri incapienti piangeranno, ma nessuno li ascolterà. Forse significa qualcosa, se non molto, che il fondo del CorSera del 12 ottobre, firmato da Gian Antonio Stella, richiamasse un vecchio editoriale di Famiglia Cristiana sull'insensibilità dei partiti nel non comprendere la gravità di questi momenti, e sulla loro resistenza ad un profondo rinnovamento. Il giorno dopo il foglio milanese ospitava la consueta rubrica di Piero Ostellino. Che dopo aver sognato per anni il trionfo del liberalismo come farmaco capace di curare tutti i mali nostrani, si è convito che l'Italia ha intrapreso la pericolosa strada della "sospensione della democrazia", con gruppi di potere che appoggiano il governo Monti e nello stesso tempo proteggono migliaia di parassiti che "continueranno a fare gli affari loro, a spese del contribuente, invece degli interessi degli italiani".
    Non lascia profonda meraviglia constatare che Ostellino abbia compreso soltanto ora e dopo molto tempo, che a rovinare l'Italia non sono stati i sindacati, i lavoratori, le idee per un'economia al servizio dell'uomo e non del capitale. Bensì le classi dirigenti che hanno dimenticato ogni galateo politico e costituzionale, al punto che il Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso ha fatto, in un'intervista a Repubblica, una diagnosi impietosa sulla nostra democrazia "ormai in svendita". C'è chi ora compra voti a Milano per 50 euro, come succedeva un tempo nei quartieri poveri di Palermo con un pacco di pasta. L'Italia è unificata dal malaffare. Nessuno ha mai creduto alle denunce di tanti sul tema. [Anno XXXI, n. 1099]

    Antonio Montanari
    (c) RIPRODUZIONE RISERVATA
    "il Ponte", settimanale, n. 37, 21.10.2012, Rimini


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  • Corrotti e contentiDove nasce la corruzione? Per il giurista Guido Rossi è colpa della legge elettorale pensata nel 2005 dal ministro Roberto Calderoli. Essa ha premiato una classe politica di incompetenti ed "appartenenti", ovvero scelti dai vertici dei partiti. Dalla crisi del sistema parlamentare per quella legge che il suo stesso ideatore ha definito una porcata, è derivata la crisi politica che ha licenziato Berlusconi e mandato i Tecnici al governo.
    Ai Tecnici si è rivolto con l'abituale, intelligente passione Stefano Vitali, un cittadino prestato alla Politica, parlando dell'abolizione delle Province. In Emilia Romagna, ha osservato, noi abbiamo fatto i primi della classe, perciò sparisce quella di Rimini (di cui è attuale presidente), mentre altre si salveranno. Ha aggiunto una bella battuta da condividere: alle elementari i primi della classe erano i cocchi della maestra, ma essi alla lunga non hanno fatto nulla di buono. Mi permetto un'aggiunta. Se invece dei cocchi della maestra, parliamo di quelli della Politica, a cui lui non appartiene, la conclusione di Vitali resta valida.
    Lo dimostra una vicenda che ha per protagonista il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, che il 22.9 ha detto un'amara verità da cui ha ricevuto grattacapi ed attacchi pure di colleghi a lui affini in Magistratura Democratica: "Se non cambia anche la politica, la Magistratura non potrà arrivare alla verità nelle aule giudiziarie". Fu facile per i titolisti dei quotidiani parlare di "politica collusa". Due settimane dopo, il 6.10, alla denuncia subentra la triste confessione, visti gli attacchi degli amici di Magistratura Democratica: mi sento estraneo rispetto ai colleghi a cui sono stato vicino, la Politica degli ultimi vent'anni li ha cambiati. In sintonia con Ingroia, il presidente Napolitano ad Assisi (5.10) ha detto che il Paese è caduto in un deserto morale dal quale occorre uscire con uno slancio ideale di cui come nel Dopoguerra abbiamo acuto bisogno, ricorrendo al dialogo ed al reciproco ascolto.
    Rimini non è Assisi, ma pure noi abbiamo ascoltato qualcosa di molto interessante proprio nel giorno di San Francesco, un inedito di don Oreste Benzi, rivolto ai giovani, contenente l'invito a non scendere a compromessi ed a riappropriarsi della gestione della società, con una lotta non violenta ma decisa alle ingiustizie economiche e sociali. Un grazie commosso, don Oreste. Anche dagli studenti manganellati nei cortei del 5 ottobre. [Anno XXXI, n. 1098]

    Antonio Montanari
    (c) RIPRODUZIONE RISERVATA
    "il Ponte", settimanale, n. 36, 14.10.2012, Rimini


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