• 2003 (marzo), al “Ponte”
    Signor direttore,
    le chiedo un piccolo spazio per aggiungere qualche notizia retrodatata all'interessante articolo apparso nel numero del 2 marzo del «Ponte», e relativo a «Quei 'muratori' del Grande Oriente».
    La ricostruzione parte dal 1972. Le considerazioni sull'attualità arrivano al recente convegno sul Tempio, alla presenza dell'assessore alla Cultura del nostro Comune in carica. Ecco, tra questi due estremi intercorrono molti altri fatti sui quali sarebbe noioso per il lettore che mi dilungassi analiticamente.
    Mi permetta quindi un riassunto estremamente ridotto, condensato in tre punti soltanto.
    1. Esiste un ruolo politico-amministrativo della Massoneria in città, che non è soltanto il folklore dei convegni esoterici. Questi convegni sono possibili perché la Massoneria è presente nelle varie istituzioni locali, più occultamente che apertamente (come anche il suo giornale ebbe occasione di specificare in occasione delle giornate riminesi del Grande Oriente).
    Se non si ha questa influenza, non si possono esprimere poi certe teorie, con l'impudenza di chi crea dei falsi e con il beneplacito di chi consente che essi vengano spacciati come verità.
    2. Senza questo ruolo politico-amministrativo della Massoneria a livello cittadino, non ci sarebbe stato nel 1998 un convegno (appunto massonico) organizzato dal Comune attraverso i suoi canali istituzionali quando l'assessore alla Cultura non era diessino ma un cattolico, preso ovviamente senza sua colpa nella rete di un tranello politico. Ma come c'insegna il Libro, occorre vigilare.
    Un amico massone allora mi confidò: per fortuna che ci siamo noi, altrimenti Rimini non avrebbe fatto nulla per un poeta così grande ed importante come Bertòla. Va dato atto al Ponte che di questa iniziativa ha parlato con chiarezza, dicendo pane al pane, e Massoneria alla Massoneria in processione con il povero Bertòla.
    3. Infine, una ventina di anni fa, la Dc presentò nella propria lista e riuscì a far eleggere quale consigliere comunale un noto avvocato riminese, massone, docente universitario a Bologna, uno dei ventiquattro reggitori dell'Accademia dei Filopatridi di Savignano, e ben conosciuto per la precedente appartenenza politica sua (e di tutta la sua influente famiglia) alla Destra che allora non si chiamava liberale tout court ed in blocco come oggi, ma si dichiarava con tutta legittimità missina (ed era ritenuta dagli avversari con altrettanta legittimità come neofascista).


    2007, al “Corriere di Romagna”, 12.07
    Il 12 luglio, su «Repubblica», Michele Serra ha parlato del «maglio dogmatico» abbattutosi sul mondo cattolico apostolico romano, eliminando ogni voce dissonante. Serra ha perfettamente ragione. Non esiste più quel «ricco dibattito intellettuale, in grado di coinvolgere e appassionare anche i non credenti».
    Ogni fenomeno ha le sue cause più vicine o lontane, secondo l'ampiezza dell'analisi che tenti di descriverle. Nella Chiesa italiana ha preso piede da oltre un decennio un'idea di apertura multiculturale fra le varie correnti intellettuali esistenti sul territorio come semplice ma inavvertito (e subdolo) cavallo di Troia delle posizioni più retrive che lentamente si sono fatte strada, ed hanno guadagnato posizioni di prestigio con la pretesa di essere le uniche in grado di difendere la Tradizione e la Verità della Chiesa di Roma. L'operazione è nata gettando fumo negli occhi con l'illusione del dialogo. Invece ha mirato unicamente ad imporre il monologo di certe realtà legate politicamente alla destra anche più estrema.
    Di queste cose ha parlato anche Umberto Eco nella «Bustina di Minerva» sull'«Espresso» di venerdì 6 luglio, nel pezzo intitolato «Guerre di religione». Eco osserva fra le altre cose: «… non è chiaro se siano i sanfedisti che hanno messo in movimento gli anticlericali o viceversa». E conclude che, come unica certezza, c'è «l'uso politico della religione fatto da fondamentalisti di segno diverso».
    La cosa che maggiormente impressiona e meraviglia in questa situazione, è la mancanza della proverbiale accortezza da parte delle Curie nel rendere potenti personaggi politicamente pericolosi non rispetto a linee di centro o centro-sinistra o addirittura di un moderatismo di centro-destra o persino di destra, ma proprio per la loro non nascosta simpatia verso istanze che contrastano direttamente con la Costituzione repubblicana.


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  • Un "Tama" del 1994 che mi fu censurato perché difendevo Citaristi...

    Ecco il testo completo che avevo presentato in redazione.

    Internet

    Per una di quelle stranezze che la vita ci rivela sotto forma di impensabili coincidenze, poche ore dopo la fuga dal supercarcere padovano del «boss del Brenta», quasi a pareggiare i conti presso un'opinione pubblica sempre più forcaiola, è stato posto agli arresti domiciliari Severino Citaristi, ex senatore ed ex tesoriere della dc, 73 anni e 74 avvisi di garanzia.
    Il personaggio lo conosciamo, tant'è passato in televisione con il suo fare serio di persona che non ha negato nulla, non ha intascato niente per sé, ha soltanto ammesso di aver ceduto per un attimo a quella lusinga che gli aveva fatto De Mita, dicendogli: sei stato bravo ad organizzare un convegno nella tua città, vieni a darci una mano a far quadrare i conti del partito.
    A Roma il sen. Citaristi è arrivato già anziano, con una sua posizione raggiunta nella vita civile. Roma l'ha rovinato nella reputazione e nel fisico. Ora è gravemente ammalato. Dopo mesi di presenze nei tribunali, deposizioni, colloqui con i magistrati, la Giustizia temeva che il vecchio politico lombardo scappasse o inquinasse le prove. Lo hanno rinchiuso in casa. Da dove ha detto ad un cronista: «Ho commesso le mie colpe ed è giusto che paghi, ma è giusto che qualcun altro paghi per le colpe di natura politica. Non voglio essere un capro espiatorio». Gli hanno telefonato vecchi amici di squadra come Scalfaro, ma anche militanti di Rifondazione comunista per esprimergli solidarietà. Per quello che conta la voce di un misero cronista di provincia, mi associo, con un augurio: di essere sereno, in mezzo ai tanti imbroglioni che ci circondano.
    Il suo caso, sen. Citaristi, è esemplare: l'avevano nominata «responsabile» degli affari di partito, ed intanto decidevano tutto e soltanto gli altri. Lei per spirito di corpo, doveva come quelli della Benemerita «obbedir tacendo»: sapeva che cosa costava la gestione, sapeva che qualcuno le procurava i fondi degli «amici», e sapeva che non doveva sapere perché come «responsabile» non poteva e non doveva dire nulla. La sua onestà arriva a farle dire: «Ho commesso le mie colpe». Ma in politica, come in guerra, ognuno pensa alla propria pelle: forse lei resterà l'unico capro espiatorio. Non si illuda che qualcuno le venga in aiuto.
    La vita è quella strana cosa, per cui se non sai far nulla o lavori male, pochi ti biasimano. Ma se dimostri di riuscire a cavartela, se ci prendi gusto a far le cose per bene, non tanto per soddisfazione personale, ma perché credi che quando si lavora sia nostro dovere dare il meglio, allora troppi cercano di fregarti: gelosie, invidie, piccinerie idiote di chi si diverte a tendere tranelli, diventano fatti d'ordinaria amministrazione. Quando fu arrestato Enzo Tortora, un innocente che sarebbe poi morto di galera, ci fu chi brindò.

    Antonio Montanari

     


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  • InternetLe bagnanti dalla Senna

    Siamo lieti per l'imminente arrivo in città delle bagnanti dipinte da Manet sulla Senna (1862), grazie all'impegno profuso da alcuni imprenditori locali. Detto tra parentesi, il Comune non ha più un euro per comprare libri alla Biblioteca Civica Gambalunga. Speriamo che i visitatori delle bagnanti di Manet non subiscano il programma di un'amica piemontese, imbarcata la scorsa primavera verso Rimini ed una mostra d'arte, percorsa nel pomeriggio, poi la mattina dopo avviata a Forlì per analoga manifestazione. Null'altro di Rimini ha visto od apprezzato, tolto l’illustre contenitore della mostra, Castelsismondo.
    Ha ragione Mauro Gardenghi: se non ci fosse stato il mercato bisettimanale, moltissimi turisti italiani e stranieri non avrebbero mai attraversato la ferrovia, e conosciuto il nostro centro storico. Che, nei pomeriggi di questa estate, è pieno di comitive di giovani mai apparsi anni fa. Buon segno. Oggi turisti e non viaggiano molto a Rimini, attraversando la ferrovia come dice Gardenghi. Ma sapete che cosa cercano? I grandi, mitici centri commerciali.
    Dalla vita di ogni giorno inoltriamoci nella foresta di carta degli archivi che raccontano Rimini. Un libro del compianto Giampaolo Dossena parla del volume d'un autore locale: "... l'ho sfogliato e l'ho messo da parte con un oscuro senso di ribrezzo sul quale non ho voluto indagare".
    Altra notizia. Luglio 2009, le quattro sedi romagnole all'Alma mater studiorum di Bologna, sono reclamizzate da un manifesto che prende alla lettera la definizione di "corpo accademico". Raffigura fanciulle in tutina bianca e slip nero, e con il nome di Cesena, Forlì, Ravenna e Rimini stampato sul cuore: nessuno, per amore di cultura e rispetto della tradizione, osa pensare che sia impresso soltanto sul petto. Il tutto sotto la sigla delle fantastiche quattro sedi, "il massimo per i tuoi studi universitari". Gli sponsor messi sotto accusa, rispondono: "Non si sfrutta il corpo femminile ma si rappresentano quattro città". Occorre essere sponsor per capire certe cose. Che sfuggono invece alle docenti di Bologna le quali protestano, denunciando il ricorso al "prototipo delle veline che, soprattutto in questo momento, è estremamente negativo".
    Il massimo del velinismo alla nostra Università si era registrato nel 2005 con l’arrivo di Lapo Elkan, allora noto soltanto per l'allergia ai congiuntivi e non ancora protagonista (ottobre successivo) dello scandalo con un anziano travestito. [1004]

    [Alla pagina del 1998 su Giampaolo Dossena ed il Tempio malatestiano.]


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