• Si fa presto a dire inno

    Ci sono coincidenze un po' beffarde nella Storia. Tra sfilate, inni e canti si celebrava in maniera particolare (per i 150 anni ben sudati della nostra Italia), la festa della Repubblica. Nata il 2 giugno 1946 con il primo suffragio universale. Ovvero con la chiamata alle urne anche delle donne. Ai cittadini di questo Paese, che l'inno di Mameli hanno usato quasi soltanto come sottofondo nelle partite della Nazionale, si offriva una notizia ghiotta e confusa. Lo scandalo calcio-scommesse. Distratti dai fatti della vita, potevamo tutti, con innocenza infantile, essere vittime di un cortocircuito mentale: ma perché tanti inni proprio ora che il pallone rinnega il suo ideale di sport popolare e patriottico, anche se diviso tra guelfi e ghibellini, ovvero tifosi non sempre abituati ad applicare i precetti del galateo più spicciolo?
    Ci sono dei Paesi in cui capi di governo e di un partito politico sono anche stati presidenti di una squadra di calcio, e si vantano di essere abili nel governo del Paese così come erano validi nella gestione della compagine sportiva. In Italia c'è stato un armatore napoletano che fece del calcio lo strumento della sua ascesa politica, assieme alle scarpe spaiate regalate agli elettori. Una prima ed una dopo il voto. Tanto per camminare sul sicuro.
    Noi italiani ci rallegriamo ancora per la vittoria del 1982, quando diventammo campioni mondiali l'11 luglio. Abbiamo memoria più corta per altri fatti di quell'anno. Ciò è comprensibile. Anche i migliori cervelli hanno spazi limitati, mica tutto si può ammassare nella scarsa materia grigia. Onore eterno per il Bearzot di quell'anno. Ma facciamo un pensierino pure per altri nomi. Ad esempio, 3 settembre, uccisione di Carlo Alberto Dalla Chiesa con sua moglie Emanuela Setti Carraro e l'agente Domenico Russo. Con altro scopo, un'altra citazione: 13 settembre, a Ginevra arresto del capo della Loggia P2 Licio Gelli. Se il tema interessa, i diari segreti di Tina Anselmi sulla P2 sono ora pubblicati da Anna Vinci. Un capitolo s'intitola "Sanno che sono sola". Era il 1983.
    Il Bearzot del 1982 era stato invocato dalla Rosea con un "facci sognare", tornato dieci anni dopo per Antonio Di Pietro su un settimanale di sorrisi e canzoni, come annotava nel 1995, con l'amabile perfidia che ce lo fa rimpiangere, un grande scrittore scomparso: Edmondo Berselli.
    Oggi non abbiamo sogni ma calciatori addormentati dagli scommettitori con bibite fraudolente. L'Italia si desterà? [anno XXX, n. 1043]

    Antonio Montanari
    (c) RIPRODUZIONE RISERVATA

    "il Ponte", Rimini, settimanale, 22.06.2011


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