• Si fa presto a dire Europa

    Non sarebbe stata male qualche bandiera europea accanto al tricolore per le celebrazioni dell'unità italiana. Poteva pure esserci una cerimonia comunitaria per dire di quante lacrime e di quanto sangue sia stata fatta (e sia tuttora) la Storia non soltanto del nostro ma di ogni Paese in ogni angolo del mondo.
    L'Europa fu un sogno ricorrente. Non soltanto del povero Mazzini che nell'aprile 1834 a Berna insieme ad altri sedici esuli, italiani, polacchi e tedeschi fonda la "Giovine Europa" per affermare i princìpi d'indipendenza delle nazioni e di fratellanza europea (G. Candeloro). A Polonia, Belgio, Svizzera, Germania e Francia, Paesi agitati "da fremiti insurrezionali che potevano fare sperare nella prossima ripresa di una Rivoluzione europea", Mazzini ha guardato nel giugno 1831, compilando il primo documento della sua "Giovine Italia" (G. C.). Nel 1860 egli pubblica uno scritto in cui allarga la visione politica dall'Europa al mondo, "I doveri dell'uomo". E spiega che quei doveri hanno un fondamento divino, essendo l'umanità una creatura di Dio, per cui tutti gli uomini sono fratelli tra loro nel nome del Padre comune.
    Nel 1941 a Ventotene due confinati politici antifascisti, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, compilano quel "Manifesto" che denuncia il fallimento della Società delle Nazioni, nata nel 1919 dopo i massacri della "grande guerra". E che progetta, come dice il titolo completo, una "Europa libera e unita". Il 13 luglio 1941 il vescovo di Münster von Galen (beato dal 2005) accusa la Gestapo di non rispettare la giustizia che è "fondamento degli Stati" con arresti arbitrari di cittadini innocenti trasferiti nei campi di concentramento, e si dichiara "annunciatore e difensore di un ordine legale e morale divino".
    Negli stessi giorni, come scrive Luigi Meneghello in "Promemoria" (1994) la frase "questione ebraica" assunse "un significato preciso e divenne il termine convenzionale per riferirsi, nella corrispondenza ufficiale tedesca, allo sterminio organizzato degli ebrei". Osserva Meneghello: "Da tutto il territorio della Repubblica di Salò si è calcolato che fossero deportati complessivamente circa 10.000 ebrei, solo in parte di nazionalità italiana, di cui circa la metà ad Auschwitz".
    Dalla Ventotene del 1941 arrivava l'avviso: soltanto un'autorità federale europea poteva garantire la fine delle rovinose politiche nazionali. La questione libica di oggi dimostra che a questo traguardo non siamo ancora giunti. [1034]

    Antonio Montanari
    (c) RIPRODUZIONE RISERVATA

    il Ponte, Rimini, 3 aprile 2011


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