• Una censura del 1994

    Un "Tama" del 1994 che mi fu censurato perché difendevo Citaristi...

    Ecco il testo completo che avevo presentato in redazione.

    Internet

    Per una di quelle stranezze che la vita ci rivela sotto forma di impensabili coincidenze, poche ore dopo la fuga dal supercarcere padovano del «boss del Brenta», quasi a pareggiare i conti presso un'opinione pubblica sempre più forcaiola, è stato posto agli arresti domiciliari Severino Citaristi, ex senatore ed ex tesoriere della dc, 73 anni e 74 avvisi di garanzia.
    Il personaggio lo conosciamo, tant'è passato in televisione con il suo fare serio di persona che non ha negato nulla, non ha intascato niente per sé, ha soltanto ammesso di aver ceduto per un attimo a quella lusinga che gli aveva fatto De Mita, dicendogli: sei stato bravo ad organizzare un convegno nella tua città, vieni a darci una mano a far quadrare i conti del partito.
    A Roma il sen. Citaristi è arrivato già anziano, con una sua posizione raggiunta nella vita civile. Roma l'ha rovinato nella reputazione e nel fisico. Ora è gravemente ammalato. Dopo mesi di presenze nei tribunali, deposizioni, colloqui con i magistrati, la Giustizia temeva che il vecchio politico lombardo scappasse o inquinasse le prove. Lo hanno rinchiuso in casa. Da dove ha detto ad un cronista: «Ho commesso le mie colpe ed è giusto che paghi, ma è giusto che qualcun altro paghi per le colpe di natura politica. Non voglio essere un capro espiatorio». Gli hanno telefonato vecchi amici di squadra come Scalfaro, ma anche militanti di Rifondazione comunista per esprimergli solidarietà. Per quello che conta la voce di un misero cronista di provincia, mi associo, con un augurio: di essere sereno, in mezzo ai tanti imbroglioni che ci circondano.
    Il suo caso, sen. Citaristi, è esemplare: l'avevano nominata «responsabile» degli affari di partito, ed intanto decidevano tutto e soltanto gli altri. Lei per spirito di corpo, doveva come quelli della Benemerita «obbedir tacendo»: sapeva che cosa costava la gestione, sapeva che qualcuno le procurava i fondi degli «amici», e sapeva che non doveva sapere perché come «responsabile» non poteva e non doveva dire nulla. La sua onestà arriva a farle dire: «Ho commesso le mie colpe». Ma in politica, come in guerra, ognuno pensa alla propria pelle: forse lei resterà l'unico capro espiatorio. Non si illuda che qualcuno le venga in aiuto.
    La vita è quella strana cosa, per cui se non sai far nulla o lavori male, pochi ti biasimano. Ma se dimostri di riuscire a cavartela, se ci prendi gusto a far le cose per bene, non tanto per soddisfazione personale, ma perché credi che quando si lavora sia nostro dovere dare il meglio, allora troppi cercano di fregarti: gelosie, invidie, piccinerie idiote di chi si diverte a tendere tranelli, diventano fatti d'ordinaria amministrazione. Quando fu arrestato Enzo Tortora, un innocente che sarebbe poi morto di galera, ci fu chi brindò.

    Antonio Montanari

     


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