• I cruciverba sono sempre di grande aiuto, altro che le biblioteche. Vi chiedono quanti sono i famosi Cesari, e se non lo sapete, aspettate un'altra occasione, quando spiegano che quelli di Svetonio sono dodici. Tutto risolto. Con due semplici domandine, magari senza rispondere a nessuna di esse, avete ottenuto un risultato che oggi vi fa correre il rischio di ricevere una laurea ad honorem. 
    Caio Tranquillo (beato lui) Svetonio, storico romano del sec. I, scrisse le biografie di Giulio Cesare e degli imperatori da Augusto a Domiziano. Adesso Svetonio sarebbe meno tranquillo se dovesse scrivere le vite di quanti in Italia si considerano dei Cesari in una Repubblica che dovrebbe guardare più al Popolo che ai capipopolo. Tant'è, non per nostra suggestione od errata informazione, ma secondo dati veri.
    Noi italiani sino a poco tempo fa ci consideravamo un popolo felice ed assistito dalla Fortuna (quella che presso i Romani baciava gli audaci) perché i nostri politici avevano abolito il caos parlamentare della cosiddetta Prima Repubblica, provocato dai tanti partiti allora esistenti con annesse correnti note ed ignote (dette dei "franchi tiratori"). Ed avevano inventato il modello italiano del bipolarismo. Ma si sa che cosa significa "italiano" in certi contesti. Vuol dire semplicemente che non sempre alle parole seguono i fatti, per cui i nomi sono un semplice suono della voce e non pure un segno a cui far corrispondere una precisa, delineabile realtà.
    La crisi di governo a cui abbiamo assistito di recente ha un timido riscontro in una breve frase del Tacito delle "Storie" (I, 2), "Et quibus deerat inimicus per amicos oppressi": e chi non aveva nemici rimase vittima degli amici. Nel corso della crisi i cronisti più attenti hanno contato quanti amici del bipolarismo sono andati in retromarcia verso l'odiato sistema della Prima Repubblica, con partiti, correnti e conseguenti temporali pieni di fulmini. Massimo Gramellini (15.11) ha così riassunto il bollettino meteo della nostra Politica: i cinque partiti in Parlamento alle ultime elezioni, sono diventati ventuno.
    Più pessimista è stata l'Agenzia Ansa che alle 18,41 del 14 novembre ha diramato un servizio che elenca 34 gruppi chiamati a consulto dal neo presidente del Consiglio, prima di accettare l'incarico e presentarsi in Parlamento. Svetonio oggi rinuncerebbe all’incarico di scrivere le storie dei nostri 34 presunti Cesari. [XXX, 1058]

    "il Ponte", Rimini, settimanale, 27.11.2011


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  • Un fresco libro per Indro Montanelli (brevi suoi testi con irridenti epitaffi, documentato commento di Marcello Staglieno, ed un titolo senza inganni: “Ricordi sott'odio”), ci permette di rammentare la Grande Firma a dieci anni dalla scomparsa. Una sua biografia curata da Sandro Gerbi e Raffaele Liucci (2009) s'intitola “L'anarchico borghese”. Qui lo si definisce “portavoce del senso comune dell'italiano medio, vellicando il suo innato qualunquismo, e offrendo lustro e autorevolezza agli impulsi anarcoidi e individualistici presenti nel nostro corpo sociale”.
    Un corpo sociale afflitto quasi sempre dalla cieca fiducia nelle parole dell'Aristotele del momento, come quel personaggio di cui si legge in Galileo: “Voi mi avete fatto veder questa cosa talmente aperta e sensata, che quando il testo di Aristotele non fosse in contrario [...] bisognerebbe per forza confessarla per vera”. Nel 1995 osservammo che Montanelli si era visto soffocare “La Voce”, il nuovo quotidiano fondato dopo averne abbandonato un altro che aveva creato dopo la fuga dal “Corrierone”. Ci permettemmo di commentare che lui, un conservatore tanto feroce da fungere da balia reazionaria per alcune generazioni di lettori, era stato dirottato con etichette fasulle sulle piste della sinistra più o meno rivoluzionaria.
    Montanelli aveva aperto la nuova bottega soltanto perché non sopportava che altri dicesse le cose che sosteneva lui, mettendosi a sedere sul trono di re di certa opinione pubblica, e degradandolo a cronista di corte. Indro allora tuonava che soltanto pochi lettori intelligenti e veramente liberali avevano comprato "La Voce". Ma erano quei pochi che per vent'anni lui aveva cresciuto, educando gli altri a rozze ostilità verso la democrazia e la Costituzione.
    Nel 2006, Gerbi e Liucci con “Lo Stregone” smentivano numerose cronache montanelliane. Mario Cervi (collega, amico ed allievo di Indro) lo difese: "Voleva che la storia risultasse più giornalistica, voleva accentuare la sua presenza di testimone dei maggiori eventi. Non era a Milano nei giorni della Liberazione e non poteva perciò aver visto i corpi appesi di piazzale Loreto. Ma il racconto montanelliano, così come i suoi ritratti, resta genuino, autentico, impeccabile nelle linee generali, che sono quelle che contano". Fu così che l'antiaristotelico per eccellenza si fece un convinto aristotelico preparando il brodo di coltura per certa politica. [XXX, 1057]

    "il Ponte", Rimini, settimanale, 20.11.2011

    Testo del 1995, in Fuoritama
    --->> anche in "Diario italiano"
    Altri miei testi su Indro Montanelli


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  • Un'idea nuova di Risorgimento emerge da quanto la prof. Annamaria Graziosi Ripa scrive su Rimini nel volume "La voce delle donne", curato da J. Bentini (ed. Allemandi): le fonti storiche, solo in parte qui pubblicate per esigenze di spazio, "fanno pensare a una presenza costante ed a una partecipazione quotidiana delle donne di ogni ceto alla piccola storia della città, che si sta intrecciando con la storia della nazione che nasce". L'autrice ha potuto illustrare la vita di due sole figure, suor Maria Elisabetta Renzi (1786-1859) e Maria Boorman Wheeler Ceccarini (1840-1896).
    A madre Renzi si deve la fondazione delle Maestre Pie dell'Addolorata (1839), tuttora presenti a livello locale, nazionale (con 32 case) e mondiale (23 centri missionari in America Latina, USA, Africa e Bangladesh). Di lei, beatificata nel 1979, papa Giovanni Paolo II disse: "Elisabetta si accorse, con intuito profetico, che stava sorgendo un'epoca in cui le donne avrebbero assunto nuove responsabilità sociali". Graziosi Ripa ricorda il debutto di madre Renzi nel 1824 a Coriano, dove esiste dal 1818 un "Conservatorio per le ragazze povere". Maria Elisabetta "mette subito a frutto le sue doti preziose, il rigore morale, la capacità organizzativa e la grande generosità di cuore", nel contesto di una grave miseria che affligge la campagna riminese.
    Lo stesso contesto caratterizza gli interventi di Maria Boorman Wheeler moglie di Giovanni Ceccarini, medico e patriota la cui famiglia abita a Riccione. Dopo la morte del marito (1888), la signora che era nata a New York dove l'ha conosciuto, si adopera in vari modi per aiutare i poveri e tutta la popolazione: distribuzioni di minestre, un giardino d'infanzia, l'ospedale, l'illuminazione pubblica, ed infine il piccolo porto concedendo al Comune di Rimini un importante prestito senza interessi. Il suo ricordo, scrive Graziosi Ripa, è ancora vivissimo a Riccione: "Donna colta e schiva, intelligente e lungimirante ha lasciato una traccia profonda in una piccola e povera borgata che si sarebbe trasformata in un centro balneare prestigioso".
    Anche nell'Ottocento risorgimentale esistono le "indignate" di cui parlano le cronache odierne. Sono ad esempio le ragazze che nel 1831 "portano in trionfo il tricolore" per le strade di Rimini fin sotto il Vescovado, applaudendo il Vescovo Ottavio Zollio che "si affaccia ed acclama alla libertà e alla religione". [XXX, 1056]

    "il Ponte", settimanale, Rimini, 13.11.2011


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