• A contestare lo Stato questa volta sono i suoi stessi rappresentanti locali, non studenti od operai. Seguo la successione dei fatti. Il primo nel parlare è l'esponente più alto in grado, il prefetto Claudio Palomba. Giovedì 29 novembre rilascia un'intervista, nel suo ruolo di presidente del sindacato dei prefetti, attaccando duramente le decisioni del governo in materia di revisione della spesa pubblica: "Questi interventi sono il presupposto per sfasciare il sistema della sicurezza sul territorio, la più prossima ai bisogni dei cittadini". Palomba aggiunge anche che il problema tocca molto da vicino Rimini, una città per svariati mesi all'anno con una popolazione come Milano.
    Sabato 1° dicembre il prefetto Palomba interviene poi alla presentazione del rapporto sulla diffusione della mafia nella nostra Regione, organizzato dalla Associazione Libera di don Luigi Ciotti, e sostenuto dalla Cgil. Sul tema il prof. Enzo Ciconte sottolinea che a Rimini non sono state mai prese posizioni nette. Ha ragione. Il 4 maggio 2010 il futuro sindaco Gnassi sul tema ha parlato di "fattoidi", cioè di cose non vere ma inventate. Dunque, sabato Palomba osserva che sino a pochi anni fa da noi era difficile che il tema venisse preso in esame. E che il fenomeno mafioso in alcuni settori come l'edilizia "è abbastanza radicato".
    Ma a prendersela con lo Stato, sui giornali di domenica 2, sono anche il presidente della Provincia di Rimini Vitali ed il sindaco Gnassi. Il tema è quello della possibile proroga per 30 anni delle concessioni balneari, con la gara spostata dal 2015 al 2045. Vitali spiega: "Stiamo assistendo ad uno spettacolo di dilettanti allo sbaraglio che pagheremo noi cittadini, sulla nostra pelle". Stesse parole appaiono nell'intervista del sindaco Gnassi con Franco Giubilei de La Stampa: "Dilettanti allo sbaraglio e demagoghi". Poi aggiunge che a guadagnarci c'è soltanto "qualche parlamentare che tira a campare col consenso a breve termine", mentre a rimetterci ci sono sicuramente gli operatori balneari: "Facciamo i levantini del Mediterraneo, siamo alla farsa".
    A prefetto, presidente della Provincia e sindaco, non interessa giustamente nulla del mio applauso da inutile cronista. Aggiungo soltanto che, se le stesse cose le avesse dette in pubblico un semplice cittadino, sventolando uno striscione od alzando la voce per farsi sentire, si sarebbe preso una solenne ramanzina, per essere ottimisti grazie al clima pre-natalizio. [Anno XXXI, n. 1106]

    Antonio Montanari
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    "il Ponte", settimanale, n. 44, 09.12.2012, Rimini


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  • La ministra degli Interni Anna Maria Cancellieri ci aveva preso il 22 novembre dicendo d'avvertire il rischio d'infiltrazioni violente nelle manifestazioni studentesche. Aveva precisato che pensava ai "movimenti antagonisti". Che, aggiungo, vedono nel menar le mani lo strumento per realizzare una rivoluzione. Non dico "la rivoluzione", perché ce ne sono di diverso orientamento politico, e quindi se usiamo l'articolo determinativo dobbiamo poi chiederci se sia di destra o sinistra. Noi italiani un po' vecchi sappiamo che il mostro anarchico per le bombe di Piazza Fontana a Milano il 12 dicembre 1969, non c'entrava nulla in quella terribile storia.
    Se restiamo sul generico, parlando del sogno o progetto di una (qualsiasi) rivoluzione, lo facciamo a ragion veduta, avendo letto una cronaca di Marco Ludovico nel Sole 24 Ore di domenica scorsa, sui cortei romani del giorno prima. Gli osservatori più attenti della Pubblica sicurezza si stanno ponendo un altro tema, dopo che tutto è filato liscio: "La suggestione di una regìa occulta dietro i movimenti violenti di piazza da oggi è diventata più forte".
    L'augurio che facciamo a tutti noi, è che quella suggestione convinca a cercare, vicini o lontani, quanti hanno interesse a trasformare i cortei che possono andare tutte le volte lisci, in qualcosa di troppo gasato da provocare guasti politici. Sui giornali del 23 novembre, le cronache da Roma hanno offerto qualcosa di terribile. Il tifoso di una squadra di calcio inglese è stato ridotto in fin di vita, e cori antisemiti hanno accompagnato la partita della Lazio. Tutto è accaduto in uno strano modo. La caccia all'uomo è andata avanti per venti minuti, prima dell'intervento delle Forze dell'ordine.
    Dopo i cortei lisci del 24, la ministra ha detto che la democrazia aveva vinto. Ma non tutti erano egualmente soddisfatti. Uno dei più noti editorialisti del CorSera, Antonio Polito, il 25 sotto un titolo potente e gasato (ma si sa, la colpa non è sua: "Gli studenti disobbedienti ai profeti dei disordini") osservava che in piazza c'erano stati degli estremisti, "gente abbastanza in là negli anni" che sfilava al grido di "È finita la pazienza, insegniamo disobbedienza". I maestri di disobbedienza civile non sono mai stati cattivi maestri, perché essa in certi passaggi della Storia si offre come una virtù. Polito invece fa il profeta di sventura. Imita il ministro Maroni che spaventava, ipotizzando atti di terrorismo internazionale. [Anno XXXI, n. 1105]

    Antonio Montanari
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    "il Ponte", settimanale, n. 43, 02.12.2012, Rimini


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  • Ovunque si parla di crisi. Ma le tv più popolari nelle ore di massimo ascolto preferiscono addormentare la gente con la cronaca nera. Un titolo ovvio su La Lettura del 18 scorso, "La recessione aiuta i ricchi", nasconde una proposta rivoluzionaria: per superare la crisi che blocca la mobilità sociale, il Nobel per l'Economia James Heckman, citato da Federico Fubini, propone di investire sull'istruzione infantile.
    Lo stesso giorno su La Stampa, Agnese Moro recensiva il libro di Giancarlo Visitilli ("È la felicità, prof?"), dedicato ai ragazzi delle scuole superiori: sono giovani "chiusi nelle pareti di vetro della nostra indifferenza e della nostra incapacità di comunicare". Per cancellare quelle pareti occorrerebbe investire sull'educazione degli adulti, aggiungo ispirandomi ad Heckman. Ma siano capaci, noi adulti, di ascoltare i giovani senza pretendere che la nostra età e l'esperienza li obblighi ad ascoltare in silenzio chi sale sempre in cattedra soltanto perché è vecchio?
    Un Grande Vecchio come il presidente della Repubblica il 15 novembre ci ha offerto una lezione controcorrente parlando a Roma agli Stati Generali della Cultura, con un lungo discorso che tocca anche i temi economici. Lo riduco in pillole con sole due citazioni: non si può tagliare la spesa pubblica senza scegliere; questo compito tocca alla politica, ricordando che si tratta non di fare i ragionieri, ma di ragionare, "che sono due cose diverse".
    A Venezia, al "Salone europeo della cultura" (23-25 novembre) sabato 24 interviene Ilaria Capua, una scienziata diventata famosa in tutto il mondo per aver rotto le convenzioni del corpo accademico internazione nel 2006, con la decisione di render nota a tutti la sequenza genetica del primo virus dell'aviaria che lei stessa aveva decodificato. Anche lei ha partecipato agli Stati Generali romani, in una tavola rotonda su "Cultura, emergenza dimenticata del Paese". La sua esperienza rivoluzionaria e le parole di Napolitano, ci obbligano a fare i conti per cancellare non le pareti di vetro ma le pareti di spessi mattoni che nascondono il bene comune della Scienza, della Ricerca, della Cultura, spesso utilizzate anche per agire in maniera sporca come lo scandalo nella Sanità modenese conferma.
    Ecco perché con enorme tristezza ricordiamo le immagini dei volti sanguinanti dei giovani non violenti malmenati, mentre quelli violenti se la cavano sempre, come se la Fortuna avesse dato loro un lasciapassare. [Anno XXXI, n. 1104]

    Antonio Montanari
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    "il Ponte", settimanale, n. 42, 25.11.2012, Rimini


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  • Non farà più battute, il presidente del Consiglio professor Mario Monti: lo ha promesso in un'intervista a Federico Fubini del CorSera. Si è giustificato: era "abituato a parlare davanti ad un pubblico più limitato e spesso anglosassone, dove la battuta e l'ironia sono elementi essenziali". Un Paese come l'Italia, ci permettiamo di aggiungere, di battute in questi ultimi anni ne ha sentite troppe. Molti ne pagano le conseguenze, altri ne godono ancora i benefici.
    Una volta una ragazza parlò per strada a Berlusconi del lavoro che manca, e si ebbe in risposta un consiglio da vecchia zia ottocentesca: cercare un marito ricco. Ad un processo milanese che lo riguarda, sfilano oggi delle signorine, dette Olgettine dal nome della via in cui sono ospitate. In cambio di nulla, continuano a ricevere da lui 2.500 euro al mese.
    Sabato 10 novembre, accanto alla loro storia, sui quotidiani c'erano in rilievo altre due notizie, le tasse che Obama minaccia ai ricchi, e le dimissioni del capo della Cia. Al quale l'Fbi ha fatto pagare il disastro di Bengasi (dove l'11 settembre scorso fu ucciso l'ambasciatore Usa in Libia), sotto le mentite spoglie di una vicenda sessuale. Che indigna e fa dimenticare i veri problemi.
    La notizia più vergognosa di sabato 10 era quella sullo scandalo al reparto di cardiologia del Policlinico di Modena, con l'arresto di nove medici specialisti. Ogni battuta anglosassone sul fatto, sarebbe oscena. Tranne quella che sottolineasse come la storiaccia italiana sembra ispirata ad un modello americano della sanità che vuole arricchire i privati e far morire i poveri. Obama, osserva Massimo Mucchetti sempre sul CorSera, ha compreso che lo Stato può portare libertà se cura "la bimba di Chicago con la leucemia ma senza i soldi per la polizza", facendo sparire un sistema sanitario "disumano e insensato".
    Da noi Monti vuol chiudere molti ospedali. Per i quali sino all'altro ieri sono stati spesi tanti bei nostri soldini. Al governo ha risposto in proposito il presidente della Repubblica: il servizio sanitario del 1978 è una conquista per il progresso del Paese, voluta da tutte le forze politiche. La salvaguardia di questa conquista dev'essere compatibile con la "selezione e riduzione" della spesa pubblica. Ovvero, occhio a come si agisce. Per fare una battuta speriamo anglosassone, è meglio un letto d'ospedale in più che un letto d'albergo per i politici di Parlamento o Regioni che ricevono ricchi rimborsi spese. [Anno XXXI, n. 1103]

    Antonio Montanari
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    "il Ponte", settimanale, n. 41, 18.11.2012, Rimini


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  • A Palermo è andata in scena una rappresentazione con un'attrice americana. Dialogava con un robot di sesso femminile, talmente bello e ben congegnato nelle espressioni emotive e nel linguaggio, che nessuno degli spettatori s'è accorto di trovarsi davanti ad un frutto della più sofisticata tecnologia. La politica italiana degli ultimi anni è molto simile, se non identica del tutto, a quel robot, progettato da uno scienziato giapponese. È una politica finta, se sui principali quotidiani nazionali soltanto sabato 3 novembre appare in prima pagina una notizia scandalosa tenuta molto a lungo in frigo: la riduzione degli aiuti ai disabili, compresi quelli gravi come i malati di Sla, tra cui 60 sono in sciopero della fame. Esemplare il commento di Massimo Gramellini (La Stampa): "Forse le regole del gioco sono cambiate senza che ci avvertissero".
    Aggiungiamo soltanto: il fatto non è nuovo, se si è passati da uno stanziamento di 929,3 milioni per il 2008 ai 44,8 previsti per il 2013. Il giorno prima le cronache avevano illustrato una situazione simbolica e spaventosa: costa 600 milioni il fantasma del Ponte di Messina che mai si farà. Il Governo di Roma ha dovuto rinviare di due anni i termini per l'approvazione di un progetto che (ripeto) non verrà realizzato, al fine di non pagare la super penale prevista. E deve così mantenere al lavoro una cinquantina di persone per lo stesso periodo.
    Nella medesima categoria della politica finta facciamo rientrare una cronaca bolognese: un ex consigliere regionale dell'Italia dei Valori, accusato di peculato, ha ammesso di aver ideato una trentina di convegni fantasma per nascondere cene affollate di amici, e pagate con i soldi pubblici. Il segretario nazionale dell'IdV Antonio Di Pietro è stato oggetto di cronache tv, che lui accusa di killeraggio politico, circa le sue proprietà immobiliari.
    Niente di nuovo, per fortuna. Nel 1997 Giuliano Ferrara scrive una gustosa prefazione al libretto intitolato "Di Pietro e i suoi cari", definendoli "un'allegra combriccola, una comitiva un po' così". Nel 2008, durante l'avventura politica del figlio Cristiano, Tonino dichiara: pur non avendo commesso nulla di penalmente perseguibile, ha "tenuto un comportamento sbagliato e inopportuno". Il mito politico di Di Pietro comincia allora ad apparire (s)finito. Ma si sa come vanno le cose in Italia. Tutto finge di cambiare ma resta solennemente fermo. Il valzer dei Potenti non finisce a mezzanotte. [Anno XXXI, n. 1102]
    Al "Fuori Tama 1102"

    Antonio Montanari
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    "il Ponte", settimanale, n. 40, 11.11.2012, Rimini

     


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