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"Rimini: 25 aprile: festa della Liberazione, festa della Dignità. La commovente elegia del riminese Guido Nozzoli". Sotto questo titolo su "www.lapiazzarimini.it" si legge l'articolo che riproduciamo in parte.
"Mario Capelli, Luigi Nicolò e Adelio Paglierani furono impiccati dai nazi-fascisti il 16 agosto del 1944 nell’allora piazza Giulio Cesare (oggi Piazza Tre Martiri). Non avevano che una ventina d’anni. Il 16 agosto, alle 10 da piazza Cavour, la cerimonia di celebrazione del 74esimo anniversario dell’eccidio dei tre martiri riminesi Mario Capelli, Luigi Nicolò, Adelio Pagliarani. [...]
Riportiamo la poesia che il grande giornalista riminese Guido Nozzoli (1918 – 2000) dedicò ai tre giovani. E’ di una bellezza commovente."
Fu del fiotto di sangue
aggrumato sui vostri panni
che in un giorno accecato
di mezzo agosto
raccogliemmo l’urlo
della vostra agonia,
e nei capestri tesi
che sentimmo il peso
di questa carne nostra
lasciata a guastarsi
in quella desolata morte
penzolante nel sole
Tre volte l’alba,
con il singhiozzo dei galli
e il macinare delle ruote,
scivolò dai tetti
nei vostri occhi spalancati.
Due volte la notte
brancolò tra l’urlo dei treni
e le minacce dei cani
nel vostro sangue spento
L’impiccagione vi tolse alfine
allo sciame incessante delle mosche?
per restituirvi alla morte
poi rimase un fetido crepuscolo
a sbiadirsi nella polvere secca
su l’orina dei cavalli.
Andammo allora nelle vostre tane
che serbavano ancora
il segno dei vostri piedi scalzi,
vagammo nelle campagne
stordite dall’lito dei fieni,
ma l’estate ci parve vuota
come lo sguardo dei ciechi
E ci fu il cuore solo
a ridarci coraggio
questo piccolo cuore
logorato dalla guerra insonne
e dal giallore delle stoppie
Quando tornammo a voi
(il settembre
era ancora squassato dai cannoni)
l’aria odorava di terra
rimossa dalle macerie,
colavano fili d’erba
dalle macerie delle case.
Non trovammmo fiori
nella fossa no
non trovammo i nomi
tra le dolci menzogne delle lapidi
né un lucignolo inaridito
che avesse raggiato per un’ora
la vostra eterna caduta.
Una croce sbilenca di canna
era la sola pietà.
Come balbettare parole?
Le parole del pane,
del mare, del vento e della strada
non sanno dire la morte
che non ha strada,
né vento, né mare.
Silenzio
solo silenzio
nella siepe dei batticuori.
Gli uomini strinsero i pugni nel saluto
e il sole portò le croci
nelle lacrime azzurre delle madri.
https://www.lapiazzarimini.it/2019/rimini-25-aprile-festa-della-liberazione-festa-della-dignita/Guido Nozzoli
Archivio 2003,
I Tre Martiri di Rimini e Guido Nozzoli
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Due amici di antica data, nella foto ufficiale delle celebrazioni gambalunghiane.
Lei è Oriana Maroni che conosco per la mia antica frequentazione nella Biblioteca civica di Rimini e che mi chiamò a collaborare ad un volume apparso nel 2010, dedicato a Liliano Faenza, con un saggio che intitolai "Il fantasma di Voltaire. Liliano Faenza filosofo, con vista sulla Storia", pp. 177-190.
Lui è Piero Meldini con cui fui collega di insegnamento e che poi è stato direttore della stessa Gambalunga.
Piero è anche il nostro maggior narratore contemporaneo: nel 1996 proietta in una scena secentesca un giudizio sempre attuale, Rimini è una "Città ingrata, più contenta delle altrui disgrazie che delle proprie fortune, cieca ai meriti, insensibile all'ingegno. Patria disgraziata!".
Il 5 febbraio 1998, ricordavo nella mia rubrica "Tama" del settimanale "Il Ponte": il prof. Piero Meldini, direttore della Gambalunghiana, con il «Corriere di Rimini» ha riassunto 50 anni di storia cittadina: «Le lacune nel campo della conoscenza non vengono avvertite come un limite. La ricchezza non viene seguita dalla spinta ad acculturarsi. È vissuta come un merito. E invece spesso è solo la conseguenza di essersi trovati nel posto giusto al momento giusto». Riferendosi poi al settore di chi fa «Cultura», Meldini ha aggiunto: «Qui c'è il gusto per la stroncatura e le capacità spesso non vengono riconosciute. L'invidia a Rimini è a tutto campo». Partendo da questa frase, il giornale ha intitolato: «Rimini, poca cultura ma tanta invidia».
Scrivendo di Sebastiano Vanzi, ho notato che Meldini, nella storia della secentesca Biblioteca Gambalunga, riportava l'«eloquente e malizioso» ritratto del «tronfio quanto spiantato ceto patrizio locale» composto nel 1660 dal bolognese Angelo Ranuzzi, referendario apostolico e governatore di Rimini: «Vi sono molte famiglie antiche e nobili che fanno risplendere la Città, trattandosi i Gentiluomini con decoro et honorevolezza, con vestire lindamente, far vistose livree et usar nobili carrozze: nel che tale è la premura et il concetto fra di loro, che si privano talvolta de' propri stabili, né si dolgono di avere le borse essauste di denari per soddisfare a così fatte apparenze».
Bastano questi pochi cenni per segnalare l'importanza della figura di Piero Meldini nella storia della nostra cultura, non soltanto a livello locale.Oriana Maroni è sempre stata attenta alla vita della nostra Gambalunga che adesso regge con la stessa passione mostrata in passato nella vita burocratica dell'istituzione riminese.
In una mia pagina del 2005, parlando di un suo lavoro sugli «Album Battaglini», osservavo che Oriana Maroni appartiene alla ristrettissima schiera di studiosi riminesi di Storia in grado di scrivere con una cognizione di causa ed una consapevolezza critica che derivano dalla conoscenza di questioni di metodo, interpretazione e composizione, a cui s'accompagna una felicità stilistica espressa con chiarezza di discorso.
Antonio Montanari
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